La pandemia ha avuto effetti devastanti sul sistema economico, la crisi che ne è derivata è passata rapidamente dal lato dell’offerta al lato della domanda.
Alcuni pensano che la globalizzazione possa risentirne in maniera negativa o addirittura che sarà la crisi da Covid-19 a decretarne il suo declino.
Gli indici però parlano chiaro, il sistema mondiale degli scambi commerciali era già in crisi a causa delle tensioni tra Cina e USA, la correlazione è chiaramente presente anche sul piano politico: l’ascesa di movimenti populisti o sovranisti minano il futuro della globalizzazione.
Maurice Obstfeld, capo economista al FMI, in una ricerca effettuata agli inizi del 2020, si domandava se non fossimo al principio di una disintegrazione dell’economia internazionale;
la globalizzazione per la sua stessa essenza produce disuguaglianze sia economiche che politiche, generando malcontento diffuso che ciclicamente produce momenti di integrazione e momenti di collasso.
Cosa significa globalizzazione?
Generalmente è riferita alla integrazione costante e crescente tra economie, culture, popoli, accompagnata da nuove tecnologie, investimenti e flussi migratori.
Nel corso della storia si sono alternati periodi di collasso dell’economia globale, Primo conflitto mondiale e Grande Depressione, a periodi all’interno dei quali il commercio tornò a crescere, è il caso del Boom economico successivo alla Seconda guerra mondiale.
Tuttavia, la globalizzazione si è già modificata in passato, divenendo iper-globalizzazione in concomitanza con l’ingresso della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio e la rapida diffusione di internet, nel 2008 invece, si avviava già verso un apparente declino a causa della crisi dei mutui sub-prime.
Soltanto nel 2017 cominciarono a registrarsi i primi segnali di ripresa ma già nel 2018 gli indici sono tornati a scendere.
Ma c’è una ragione fondamentale per la quale la globalizzazione per come la conosciamo oggi, potrebbe sopravvivere: è la dimensione assunta nel sistema della catena del valore globale.
La GCV ( Global Chain Value ) attraverso la frammentazione delle produzioni, specialmente nella manifattura, rende costoso per molte aziende venir meno all’interdipendenza che ne deriva. Ma il risvolto negativo è emerso proprio durante la pandemia, dove si è visto esattamente quanto il venir meno di materie prime e semilavorati dall’estero, potesse mettere a rischio l’intera sopravvivenza dell’azienda e a livello ancor più ampio la sovranità sanitaria di un intero Paese.
Il Giappone sta sviluppando un piano di investimenti da 2 miliardi di dollari per rimpatriare le proprie aziende dalla Cina, ed essendo uno dei Paesi a capitalismo avanzato, implementerà i suoi processi sfruttando automazione e robotizzazione.
Senza dubbio, il futuro della mobilità è in pericolo, soprattutto perché viene considerata una delle cause scatenanti della pandemia. Tutto dipenderà da come reagiranno le grandi potenze, in primo luogo la Cina, anche se giocano un ruolo preponderante anche USA e Europa.
La globalizzazione così come il capitalismo sono soggetti a metamorfosi, eventi ciclici e cambiamenti, o meglio adattamenti al modificarsi della società stessa sulla quale si basano.
Nel prossimo futuro gli elementi che decreteranno sempre maggior valore saranno i servizi e non le merci: i Big Data, lo sviluppo e la ricerca e i beni digitali e/o intangibili.
(Dati emersi dalla ricerca del McKinsey Global Institute del 2019)