
Il metaverso non esiste (ancora). Al momento, questo termine rappresenta un’etichetta con la quale indichiamo degli ambienti digitali e aperti – spesso ma non necessariamente in realtà virtuale –, in cui è possibile giocare, lavorare o socializzare e che sono completamente scollegati tra loro. Fortnite, Roblox, Decentraland o VRChat sono alcuni esempi per cui viene utilizzato il termine metaverso, nato nel romanzo cyberpunk Snowcrash, ma ripreso dal fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, per presentare il suo faraonico progetto: un mondo immersivo e (principalmente) in realtà virtuale in cui trasferire una parte crescente delle nostre attività quotidiane.
Il metaverso secondo Mark Zuckerberg e Meta - Fonte Wired
“Non c’è mai stato un momento migliore per costruire il futuro”, ha esordito Zuckerberg durante l’evento online Inside the lab, building for the metaverse with AI che si è tenuto il 24 febbraio. Un futuro, che, ovviamente, prende la forma di quella che il fondatore di Meta ha definito “una versione immersiva di internet, in cui invece di guardare qualcosa attraverso lo schermo saremo lì dentro, come se lo stessimo vivendo di persona”.
È però ancora difficile capire quando tutto ciò si concretizzerà e quale forma prenderà. Una cosa però è certa: per promuovere questo colossale progetto, Zuckerberg ha rispolverato la retorica delle origini di Facebook sulla volontà di “connettere tutto il mondo” e di aiutarci a comunicare con le persone a cui vogliamo bene indipendentemente da dove siano nel mondo. Una comunicazione che non avverrà più per via vocale o tramite messaggi di testo, ma che nel metaverso prenderà la forma di due o più avatar che si incontrano in una casa virtuale per chiacchierare tutta la sera come se fossero realmente in presenza.
Questa, almeno, è la visione di Meta. Che presenta – per sua stessa ammissione – delle sfide enormi. Come comunicare con persone che provengono da ogni parte del mondo nella piazza aperta a tutti del metaverso, anche quando non c’è la possibilità di usare l’inglese? Come costruire realmente questi ambienti immersivi lasciando agli utenti la libertà di forgiarli come preferiscono e nel mondo più semplice possibile? Come moderare comportamenti (e non solo frasi o immagini) che avvengono in tempo reale?
Un traduttore universale
Le sfide che la costruzione del metaverso pone a Meta sono di quelle colossali, soprattutto per una società che negli ultimi anni ha affrontato molteplici scandali in termini di privacy e di incapacità di tenere alla larga dalle sue piattaforme estremisti di destra, teorici del complotto e non solo. Secondo Zuckerberg e i ricercatori di Meta, sarà l’intelligenza artificiale a trasformare tutto questo in realtà.
Partiamo dalla questione del linguaggio: durante l’evento Inside the lab, sempre Mark Zuckerberg ha spiegato come “nel web siano diffusamente parlate solo una manciata di lingue, mentre alcuni linguaggi che magari sono parlati da milioni di persone sono pressoché inesistenti e nemmeno facilmente traducibili. L’intelligenza artificiale lavora infatti principalmente in inglese, usandolo spesso come ponte per tradurre da una lingua all’altra, generando così imprecisioni. Noi vogliamo superare tutto ciò e offrire sempre più lingue, estendendo questa possibilità anche al metaverso”.
Stando ai dati diffusi da Meta, oggi oltre il 20% della popolazione mondiale non ha infatti accesso a una tecnologia di traduzione commerciale. L’obiettivo di Meta è quindi di risolvere tutti questi problemi creando ciò che fino a un decennio fa era ancora considerato fantascienza: un traduttore universale, da utilizzare tramite smartphone, incorporato nei visori in realtà aumentata (che in futuro potrebbero diventare di uso comune) e ovviamente anche da impiegare nel metaverso per parlare a chiunque con la necessaria precisione. (Da capire poi se nelle zone del mondo più remote ci sia la connessione a banda larga necessaria per collegarsi al metaverso in realtà virtuale).
Non solo metaverso
Per quanto riguarda invece la possibilità di costruire i nostri personali ambienti virtuali nel metaverso, Zuckerberg ha mostrato in un video preregistrato il funzionamento di BuilderBot: un assistente che ascoltando le nostre istruzioni è in grado di creare dei semplici scenari digitali. Questo BuilderBot si lega a un’altra grande promessa fatta da Meta: creare assistenti virtuali privi dei limiti dei vari Alexa e Google Home, in grado di fornire consigli davvero personalizzati (evitando per esempio di suggerirci vestiti di colori che non indossiamo), di segnalarci se abbiamo già messo il sale in una pietanza o di accorgersi che il sale in casa manca e di ordinarlo in autonomia.
Non solo metaverso, quindi. È come se Zuckerberg ci stesse segnalando che le promesse che da anni ci vengono fatte dai tradizionali produttori di assistenti virtuali stiano per concretizzarsi grazie a Meta. A questo punto, è evidente come le evoluzioni a cui Zuckerberg sta lavorando (traduttori, assistenti, ecc.) siano di utilizzo generale e come Meta punti a superare i suoi competitor (a partire da Google e Amazon), andando oltre i limiti delle loro tecnologie e poi integrandole anche all’interno del mondo virtuale e immersivo su cui Meta sta scommettendo il suo futuro.