Si stima che in Italia dai 4 ai 6 milioni di italiani stiano facendo smart working. Di questi, non tutti stanno facendo il lavoro agile ordinario, ossia quello regolamentato dalla legge 81/2017, ma molti si ritrovano nel regime semplificato, autorizzato dallo stato di emergenza proclamato dal governo italiano e che, salvo colpi di scena, verrà prorogato al 31 gennaio 2021.
Questo significa che le aziende, fino alla fine del prossimo gennaio, possono permettere ai propri dipendenti di lavorare da remoto senza nuovi accordi. Cominciano però a esserci imprese che, indipendentemente dalle proroghe dello stato di emergenza, intendono mettere nero su bianco con un accordo la possibilità di lavorare in smart working: quale iter devono intraprendere?
Lo smart-working ordinario
I principi che animano lo smart working ordinario sono: migliorare la competitività e la conciliazione vita-lavoro; eseguire la propria prestazione senza vincoli di orario; stabilire un accordo volontario tra collaboratore e dipendente (che lo rende reversibile).
Arianna Visentini, amministratore delegato, presidente e fondatrice di Variazioni (società specializzata in consulenza per lo smart working), spiega che “molte aziende useranno i prossimi mesi per stabilizzare la modalità di lavoro agile, che costituirà un new normal. Sono tutte abbastanza concordi sul fatto che non si tornerà più all’epoca pre-Covid. Le più strutturate, che dettano il trend, si stanno dotando di policy ponte per gestire al meglio il passaggio. Ma in realtà, dal punto di vista burocratico e amministrativo, è sufficiente definire le modalità di svolgimento del lavoro agile”.
Nel momento in cui verrà meno il regime semplificato è necessario quindi formalizzare nero su bianco, con un accordo nuovo, il perimetro in cui può muoversi il lavoratore. Ogni impresa decide in autonomia quale sarà, con proposte collettive o individuali.
Che cosa devono fare le aziende
Ma si tratta di passaggi complessi e complicati? “No – risponde Visentini –. Quando l’azienda ha le idee chiara la sottoscrizione dell’accordo è semplice. L’iter prevede che l’azienda faccia sottoscrivere i nuovi accordi ai dipendenti in presenza oppure, se per ragioni sanitarie non è possibile farlo, li invia al lavoratore via mail. Questo deve stampare il documento, firmarlo e rimandarlo scansionato al mittente, portando l’originale cartaceo alla prima occasione utile. Dopodiché l’azienda carica gli accordi, anche in forma massiva, sul portale Clic lavoro del ministero del Lavoro”.
I dubbi dei lavoratori
Le domande che affollano la mente dei lavoratori dipendenti in questi mesi sono state tante, e riguardano in primis la retribuzione. “La legge prevede che non cambi nulla – va avanti Visentini – se si fanno ore in più, si entra nel capitolo della gestione degli straordinari”, che va discusso e messo a fuoco. Ma va inquadrata anche la gestione della disconnessione e degli strumenti del lavoro.
“Esistono realtà che anche prima del lockdown non hanno mai sentito l’esigenza di regolarizzare il lavoro agile, nonostante lo permettessero. Ma la stipula dell’accordo mette al riparo dal tema dell’infortunistica, per esempio. È quindi più conveniente, lato aziendale”, sottolinea l’esperta. E aggiunge: “I più illuminati vedono lo smart working come uno strumento di flessibilità che va ad assorbire la burocrazia e l’ansia di controllo del tempo, e stanno quindi anche rivedendo le modalità di gestione del tempo in azienda, per esempio riguardo all’utilizzo del badge”.
L’accordo
Entriamo nel merito dell’accordo. “Può essere siglato dal datore di lavoro con la rappresentanza sindacale dell’azienda o con i singoli lavoratori”, spiega Laura Di Raimondo, direttore generale di Asstel (l’associazione di categoria degli operatori di telefonia e tra i più attenti osservatori del fenomeno smart working). E aggiunge: “Trattandosi di accordi fatti su misura per le esigenze di singoli lavoratori, le linee guida e la cornice che lo definiscono potranno essere concordate dalla rappresentanza sindacale ma il dettaglio, come il numero di giorni e ore, passa dall’accordo con il singolo lavoratore”.
Asstel ha steso una serie di linee guida per le imprese che operano nel settore delle telecomunicazioni che vogliono prolungare in modo permanente lo smart working. Parametri che possono essere un buon punto di partenza anche per realtà che operano in altri settori.
Riguardano il luogo di lavoro all’esterno della sede aziendale, anche in base alla riservatezza dei dati trattati; le dotazioni informatiche; la formazione specifica sulle modalità di utilizzo degli strumenti tecnici.
E ancora: misure su flessibilità organizzativa e bilanciamento dei tempi di vita e di lavoro e quindi anche il diritto alla disconnessione e l’eventuale nuova definizione dell’orario di lavoro. Lato aziende, c’è la possibilità di mettere a punto verifiche, non in tempo reale, dell’effettivo svolgimento della prestazione e in ogni caso un controllo dei livelli e della qualità del servizio. Possono essere previste misure di carattere economico ma anche strumenti di welfare che supportino l’attività a distanza.
Tutto questo senza modificare il sistema di diritti e libertà sindacali sanciti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. “Sta all’azienda trovare un punto di equilibrio per permettere al meglio lo svolgimento del lavoro”, precisa Di Raimondo. In ogni caso, aggiunge, “diritti sindacali, protezione del gender gap, diritto alla salute, alla disconnessione e la conciliazione vita-lavoro sono trattati”.
Distinzioni
In qualsiasi caso fino al 31 dicembre 2020 il lavoro agile è prolungato “per i dipendenti della pubblica amministrazione con mansioni che possono essere svolte da casa con una forma ibrida. Ovvero un sistema misto 50-50 tra giorni in presenza e non”, dice Di Raimondo. E aggiunge: “Ci sono norme di legge che sanciscono la protezione per alcune categorie, dagli immunodepressi ai genitori dei ragazzi under 24 in quarantena. Hanno diritto a mantenere lo smart working”. Attenzione anche ai lavoratori con disabilità o a coloro che assistono i familiari: ci sono corsie prioritarie per il lavoro agile.
Fonte: Wired